C’è anche Big G nel business del noleggio dei monopattini elettrici: la compagnia statunitense ha investito ingenti somme su Lime.
Le opportunità di investimento sono dietro l’angolo e holding come Alphabet, cui fa capo Google, lo sanno molto bene. Tra i tanti affari che ha in ballo Google ci sono anche i monopattini elettrici, un mercato sul quale Big G pare puntare un bel po’ di fiches, dopotutto “se il piatto è ricco, mi ci ficco”. Che il settore della micro mobilità sia in fermento è cosa nota anche ai sassi. In città come San Francisco, poi, il fenomeno è esploso già da qualche anno, più in generale possiamo vedere nella California l’epicentro di quella che sembra essere ben più di una moda passeggera, bensì una vera rivoluzione della mobilità.
Tutto in una app
Ma di preciso di che tipo di investimento si tratta? Se state pensando che di punto e in bianco Google si metta a vendere monopattini elettrici, non è così. Sappiamo tutti quanto sia complicato spostarsi nelle grandi città e spesso è fonte di stress, dunque perché non usare una app che segnali la disponibilità di monopattini elettrici da noleggiare nel punto A lasciarli nel punto B? La app non si limita a individuare il monopattino, lo sblocca per l’utilizzo e calcola anche il costo del noleggio.
L’idea è stata colta da diverse startup: Bird, Spin, Lime e Jump Bike che è stata acquistata da Uber. Quanto a Google, ha investito su Lime e tramite Google Ventures ha staccato un assegno da 300 milioni di dollari per finanziare il progetto. Ma che cos’è Lime? Una giovane compagnia che appunto offre servizio di noleggio monopattini e bici elettriche. L’intero processo si gestisce con una applicazione da scaricare in pochi istanti sullo smartphone.
Il valore di LIme attualmente supera il miliardo di dollari e dagli Stati Uniti si è già estesa alle maggiori capitali europee. Va detto che la concorrenza è spietata e Lime deve guardarsi le spalle da Bird che sta raccogliendo ingenti investimenti e punta con decisione al Vecchio Continente.
La protesta
È chiaro che l’aspetto più interessante del servizio è la possibilità di lasciare il monopattino ovunque si voglia, a patto che si resti entro un certo confine (oltre l quale il monopattino non funziona), di fatto le stazioni vengono superate. Va comunque detto che l’utente ha la possibilità di lasciare il monopattino in zone indicate dall’applicazione così da avere diritto a uno sconto.
Ma qui sorgono i problemi, fin quando il numero dei monopattini lasciati in giro è esiguo, va tutto liscio, ma che succede se tanti utenti cominciano a usare il servizio e magari sono pure indisciplinati al punto da parcheggiare il monopattino senza un po’ di buonsenso e rispetto per il prossimo? Accade che la gente, quella che non usa i monopattini ma vorrebbe comunque fruire della strada senza intoppi, si arrabbia.
La prima eclatante protesta c’è stata proprio a San Francisco, città simbolo del fenomeno monopattino. I cittadini, stanchi di ritrovarsi questi mezzi ovunque e di un uso poco rispettoso nei confronti di pedoni a automobilisti, hanno dato vita a una clamorosa iniziativa. Un gruppo di persone ha atteso che sopraggiungesse la navetta che trasporta il personale di Google ostruendole il passaggio con una catasta dei monopattini più venduti. L’azione è stata dimostrativa e assolutamente non violenta.
Uber e Jump
In un paragrafo precedente abbiamo accennato al fatto che Uber abbia acquistato Jump, un servizio di bike sharing che guarda caso è nato a San Francisco. Va detto che il servizio già da tempo era integrato con l’app di Uber. Il funzionamento è simile a quello già descritto, non ci sono stazioni di posteggio, la bicicletta si noleggia via app e si lascia dove si desidera.
Ma perché Uber ha scelto di puntare sulle biciclette? L’azienda temeva di perdere fette di mercato, in città come San Francisco il traffico è un grosso problema e le persone, invece di servirsi di Uber e restare bloccate chissà quanto avrebbero potuto preferire andare in bicicletta, soprattutto per quei percorsi inferiori ai tre chilometri.